Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile (A.C. 1145-A)

16 giugno 2008

PRESIDENTE.
È iscritto a parlare l’onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, nella precedente legislatura e in quelle ancora prima ci siamo intrattenuti numerose volte in ordine a questo tema. Nonostante l’impegno del Parlamento e le leggi approvate, in qualche occasione con il consenso di maggioranza e opposizione, la situazione nella regione Campania relativamente allo smaltimento dei rifiuti si è andata sempre aggravando, malgrado tutti i Governi che si sono succeduti abbiano assunto iniziative con commissariamenti di lunga durata, che hanno portato dopo quattordici anni e sei mesi – quasi quindici – ad una situazione ormai di difficoltà insuperabile e che appare irreversibile. Ciò è tanto vero che il mancato smaltimento dei rifiuti in Campania è diventato un emblema, la prima pagina in tutti i giornali e le riviste del mondo. La bellissima città di Napoli e le altre meravigliose località della Campania sono state considerate un esempio da non seguire, un esempio negativo della nostra nazione davanti agli spettatori di tutto il mondo.
Ciò premesso, è stato necessario in passato procedere con urgenza attraverso decreti-legge. È ovvio che un intervento ulteriore, visto e considerato che non si sono ottenuti risultati positivi, si rendeva necessario anche nell’attuale legislatura. Tuttavia, sarebbe necessario non liquidare, come ha fatto il relatore, in una sola battuta la ragione di tutto ciò, affermando che prima si sbagliava, si nominavano commissari delegati che fallivano e adesso, invece, si procede in modo diverso e perciò si farà tutto bene e si risolverà il problema.
Ritengo che sarà molto difficile, anche con il provvedimento al nostro esame, risolvere il problema dei rifiuti in Campania, perché in fondo non si tratta di un problema organizzativo, di una questione che riguarda la scarsa capacità di questo o di quell’amministratore o le incapacità politiche. Si tratta, invece, a mio avviso e in profondità, di una questione culturale di grande rilievo nazionale che ha trovato nella regione Campania la prima reale verifica di quanto fossero sbagliate le culture o le pseudoculture sviluppatesi con riferimento a tali tematiche.
È chiaro che l’Europa e gli altri Paesi si sono mossi meglio e prima di noi perché, come è noto, la questione dei rifiuti è strettamente legata ai livelli di civiltà di un popolo e la stessa produzione quantitativa, ma soprattutto quella qualitativa, dimostra a che punto è arrivato il livello di vita di una popolazione. A tal proposito è evidente che non tutto il territorio italiano si è trovato nelle stesse condizioni degli altri grandi Paesi europei e che perlomeno una buona metà di esso è rimasta indietro. L’Italia, quindi, è stata preceduta anche a livello normativo e in modo concreto da queste nazioni e dalla stessa Unione europea.
Naturalmente noi italiani siamo molto bravi, abbiamo usato scorciatoie, siamo stati più realisti del re, siamo andati avanti e abbiamo fissato degli obiettivi, come se non si trattasse di una questione oggetto di comprensione generalizzata da parte dei cittadini, ma soltanto di raggiungere percentuali ed obiettivi che, più che i cittadini, avrebbero impegnato solo e soprattutto le classi dirigenti, varando norme spesso non attuabili. Nonostante tali difficoltà, abbiamo normative ormai datate. Tenete presente che l’Italia si è dimenticata dell’argomento in discussione per quarant’anni: dal 1941 al 1982 nessuna norma è stata varata dal Parlamento italiano relativamente allo smaltimento dei rifiuti, soprattutto di quelli urbani, mentre dal 1982 ad oggi si è registrata una corsa alla normazione.
Tuttavia, se è vero che in quegli anni il Parlamento e i Governi non hanno mai posto attenzione sull’argomento, nel Paese, nei centri di ricerca e nelle università, invece, lo stato della ricerca scientifica e tecnologica, nonché dell’attuazione e della trasformazione dei risultati delle ricerche in impianti e attività economiche, è avanzato e quindi il Paese si è trovato molto più avanti del Parlamento e del Governo.
Nel 1982, dopo ben quarant’anni, è stata emanata la prima normativa e nel 1984 un decreto interministeriale, sulla base delle indicazioni europee, ha tradotto i risultati effettivi delle ricerche e dei lavori di studiosi italiani in normative di legge che solo in parte sono state rese operative.
Ricordo che, negli anni Settanta, nelle università, non solo si sono sviluppati studi ma sono sorte anche cattedre riguardanti simili argomenti, tra l’attacco e qualche volta la derisione del mondo politico di allora. Ricordo che si diceva: «Viene fuori anche la cattedra sulla monnezza», mentre si sottovalutava il fatto che si trattasse, invece, di operazioni culturali molto importanti che poi avrebbero dovuto – esse sì – influenzare le scuole superiori, medie ed elementari e non associazioni pseudo-culturali, che hanno sempre fallito nelle proprie previsioni. Con tutto il rispetto per il club di Roma «Aurelio Peccei», sono convinto che anche i suoi membri hanno sbagliato tutto e oggi dobbiamo assolutamente registrare, nel nostro Paese, una carenza generalizzata e culturale su questo argomento.
Tuttavia, le normative emanate, dopo il 1982 e il 1984, a seguito di quelle europee, ci avrebbero dovuto imporre di predisporre i piani regionali di rifiuto in tutte le regioni e di realizzare una filiera di smaltimento che partisse dalle modalità di differenziazione dei rifiuti (sia in casa, sia in stabilimento) e poi si occupasse del trattamento delle varie linee, per arrivare al recupero di tanti materiali utili (che si chiamavano «materie seconde») e soprattutto energetici – attraverso l’incenerimento dei rifiuti che hanno la caratteristica di possedere un potere calorifero superiore a un certo livello in modo da rendere l’operazione conveniente – e infine alla discarica.
Naturalmente, sono rimasti tutti indietro, in particolare quelle regioni nelle quali è prevalsa la pseudo-cultura che afferma di dover raggiungere l’obiettivo «rifiuti zero»: questa è la Campania, dove non ci si è resi conto che, invece, questo obiettivo poteva essere un punto di arrivo molto lontano. Invece, lo si è voluto attuare subito, perché si è detto che le discariche non servono e che si devono chiudere gli altri impianti, che non sono stati costruiti, e si è sperato nella provvidenza, perché nel ciclo si è effettuata soltanto la preparazione del combustibile e la raccolta differenziata (per la quale si è assunto molto personale): con questi sistemi si è arrivati a triplicare il costo di smaltimento di un chilo di spazzatura rispetto a civilissime regioni italiane e anche al resto d’Europa.
Si è arrivati, quindi, a trascurare il fatto che, in grande misura, gli amministratori dovessero avere senso di responsabilità ed essere capaci di smaltire nel territorio di produzione (il principio «chi inquina paga», in altri termini): si può stabilire che ciò avvenga in un determinato ambito, ossia in una provincia o in un comprensorio.
Sono state avanzate molte ipotesi e si è arrivati all’ambito. Ebbene, almeno alcune regioni hanno scelto le province, hanno fatto la filiera di impianto e stanno bene. Questa mancanza di cultura si vede in Campania, ma riguarda anche altre regioni: ci sono almeno quattro o cinque regioni che possono seguire la Campania nel caso in cui si assumessero decisioni scellerate, come quelle adottate in Campania. Tant’è vero che tutto ciò ha portato qualche sindaco a dire di avere già contribuito e che i rifiuti solidi debbono esse smaltiti altrove. Ebbene, ritengo che abbiano fatto bene.
In passato avevamo già sostenuto il commissario delegato, Guido Bertolaso, che adesso è sottosegretario, ma gli è stato impossibile procedere a causa di questo retropensiero. Forse proprio durante il breve periodo di commissariamento Bertolaso, è stata approvata una nuova legge regionale campana, di cui una parte, basata su questo, è da cestinare del tutto. Credo, quindi, che oggi fosse necessario provvedere con un ulteriore intervento.
La situazione nella regione Lazio non è diversa: se il presidente Marrazzo agisse con superficialità e affermasse che, secondo le norme, occorre chiudere la discarica di Malagrotta, avremmo un problema immediato anche nella città di Roma, perché in quella discarica non finiscono solo i rifiuti di Roma. Forse adesso l’arrivo di rifiuti dalla regione è più limitato, ma in passato provenivano addirittura da tutta la regione.
Tutto ciò è vero, ma con questo decreto-legge necessario, su un argomento importante come questo, frutto di una scelta assunta all’inizio con un certo decisionismo, non si rinuncia a innovare anche su aspetti che non c’entrano nulla.
Perché non limitare l’intervento alle questioni fondamentali, che sono quelle di eliminare subito la spazzatura dalle strade della Campania e avviare il ciclo integrato dei rifiuti, partendo dalla raccolta differenziata, quella possibile?
Mi fanno ridere le dichiarazioni che parlano di raccolta differenziata al 50 per cento. Non siamo mica in Veneto, dove la raccolta differenziata è forse superiore al 50 per cento, ma ci sono anche molte infrazioni: molti rifiuti, che non sono solidi urbani, vengono fatti «emigrare». Invece, si sceglie sempre di inserire argomenti che non c’entrano nulla.
Mi sapete dire, infatti, per quale motivo bisogna intervenire anche per modificare profondamente l’assetto dei compiti della procura. Ci sono le due procure di Napoli e Salerno; serviamoci di quelle!
Perché affidare tutto al procuratore generale di Napoli? Non l’ho capito.
Come dicono gli esperti – mi sembra che tutti siano consapevoli di ciò, compreso il Consiglio superiore della magistratura e grandi magistrati indipendenti -, quello che si tenta di inserire in questo decreto-legge non porta nessun vantaggio, ma anzi crea intasamenti.
È vero che vi è qualcuno che critica il fatto che spesso – l’ha fatto ieri lo stesso De Gennaro – l’azione delle procure ha ritardato la raccolta dei rifiuti. È possibile, ma evidentemente non si possono fare delle eccezioni; se vi sono delle gravi irregolarità, dei reati, le procure non possono stare a guardare, devono intervenire. È importante, allora, intervenire per evitare che vi siano queste gravi dissonanze e si commettano questi reati. Ritengo che bisogna tornare indietro sulla questione, rimettere la competenza nelle mani della magistratura normalmente competente, dandole fiducia e raccomandando alla stessa di collaborare con noi, con coloro i quali vogliono prevenire ulteriori reati: se si prevengono alcuni di essi, comunque se ne possono commettere di nuovi. La magistratura, quindi, aiuterà l’attività del sottosegretario per far sì che si prevengano ulteriori reati e che si eviti l’espansione dell’infiltrazione criminale che vi è stata e vi è ancora.
L’altra questione che non comprendo è perché bisogna creare un ulteriore istituto di ricerca in Italia dove ve ne sono alcuni che sono invidiati nel resto del mondo, non solo in Europa. Cosa c’entra creare un nuovo istituto di ricerca? Forse perché bisogna «mettere a posto» qualcuno? Neanche in Campania, neanche a Napoli, manca la cultura vera su questi argomenti. Cosa c’entra modificare con un decreto-legge la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale. Forse perché, prevedendo la riduzione da 60 a 50 dei componenti, si può realizzare lo spoil system? Infine, sono state apportate ulteriori modifiche che ci sembrano assolutamente non congrue. Non c’entrano niente. Mi risulta che la Commissione tecnica di verifica di impatto ambientale abbia lavorato rapidamente; forse occorrerà migliorare la qualità di qualche componente, ma non è che dobbiamo buttare il bambino con l’acqua sporca.
Esiste un altro aspetto che mi lascia perplesso: che bisogno vi era di intervenire con un decreto-legge per modificare una legislazione esistente che ha funzionato? Non è quella la causa dei ritardi di alcune regioni, in particolare della Campania.
Vi è poi un’altra questione da affrontare. Dobbiamo effettivamente riflettere sul ruolo del Parlamento. Ruolo che si è dimostrato fondamentale anche con riferimento a questo provvedimento, dato che indire degli appalti di termovalorizzatori senza pensare di considerare i finanziamenti ed incentivi, cosiddetti CIP 6, sarebbe stato un assurdo. È giusto, quindi, che la VIII Commissione abbia inserito i cosiddetti CIP 6 anche con riferimento ai tre ulteriori appalti di termovalorizzatori, essendo questo il modo per far partecipare le imprese che, altrimenti, non avrebbero partecipato, perché – lo sappiamo benissimo – non sarebbe stato conveniente. Inoltre, è anche giusto che i problemi fondamentali della città di Napoli vengano risolti nel comune di Napoli. Si tratta di una questione fondamentale, è assurdo pensare che i rifiuti dell’area napoletana (oltre due milioni e mezzo di persone) possano essere spostate in altre aree dove giustamente vi sono delle rivolte.
Ebbene, se Chiaiano non dovesse andare? Io ritengo che tecnicamente tutte le discariche possano essere utilizzate, perché anche se esse si trovano in terreni non adatti si possono realizzare degli interventi progettuali che modifichino l’assetto e la gestione. In tal modo vi è la possibilità di utilizzare come discariche anche questi luoghi, tuttavia dobbiamo garantire alle persone, e ai cittadini dei luoghi individuati dal provvedimento per realizzare le discariche, che nulla di negativo può avvenire per loro salute, e che possono anche ricevere delle agevolazioni forti – tale misura deve essere inserita per decisione del Parlamento – e visibili.
Perché queste persone devono pagare la TARSU? Anzi nel provvedimento in esame vi è un errore grave poiché dispone che quelli che non raggiungono una percentuale di raccolta differenziata vengono puniti con una tassa maggiorata. In realtà, si tratta dei comuni dove non si riesce nemmeno a raccogliere l’immondizia, ma quei cittadini pagherebbero ancora di più. Nei luoghi dove devono essere sistemate le discariche o i termovalorizzatori deve essere eliminata la TARSU o comunque la parte relativa allo smaltimento e al conferimento, lasciando invece quel 20 per cento che riguarda soltanto la spazzatura delle strade relativa al comune. Ma per il resto vi è un interesse da salvaguardare. Ciò deve valere per lo specifico comune individuato e per quelli limitrofi. Noi presenteremo degli emendamenti in questa direzione, e non solo su tali aspetti. Presenteremo degli emendamenti relativi al costo dell’energia, perché – come è noto – dove si realizzano degli inceneritori si produce energia. Allora, perché non dimezzare i costi dell’energia elettrica in quei comuni, almeno per il periodo di emergenza stabilito dal decreto, fino al 31 dicembre 2009 (poi si vedrà)? Credo che ciò rappresenterebbe un incentivo fondamentale. Inoltre, se la discarica di Chiaiano non dovesse essere politicamente o socialmente fattibile dovrebbe comunque spettare al comune di Napoli ed al sindaco di Napoli, oltre che la scelta del sito per l’inceneritore, quella per la discarica. Nessuno può pensare che non si può far lo smaltimento nel proprio giardino mentre lo si può fare nel giardino altrui. Inoltre, richiamo quella deroga relativa agli impianti di depurazione che non ho capito. Non ho compreso tale misura anche perché è limitata nel tempo. Per un certo periodo di tempo possiamo rendere impossibile a quell’impianto la gestione secondo le norme attraverso il rispetto le tabelle. Ciò varrebbe per un certo periodo di tempo e poi si tornerebbe al regime originario. Ma non funziona così. Affidatevi a chi capisce queste situazioni. Bisogna intervenire con un regolamento in modo tale che i grandi impianti di depurazione nel napoletano riescano a smaltire il percolato delle discariche con una tempistica e attraverso una modalità di rimescolamento tale da evitare che le acque reflue che si immettono nell’impianto possano far funzionare male l’impianto stesso.
Si tratta di questioni tecniche. Cosa c’entrano? Cosa c’è dietro a tale misura con la quale si inserisce una regolamentazione tecnica in una legge indispensabile per altri motivi (non per questi aspetti)?
Quindi, la situazione peggiora ulteriormente. Mi domando il motivo per cui in una normativa di questo genere, provvisoria ed emergenziale, si preveda, fino al 31 dicembre 2009, per un anno e mezzo, la stabilizzazione di dirigenti di prima, seconda e terza fascia. Sappiamo benissimo che queste problematiche esistono.
Dobbiamo fare a gara ad aiutare il Commissario, la Protezione civile, il sottosegretario per mandare in quella regione comandati, distaccati, persone che possono intervenire temporaneamente e che hanno svolto quel ruolo, non chi si è interessato di incendi oppure di altre questioni. Si devono inviare persone che hanno svolto bene quel ruolo per anni in altre regioni o in società private, con assunzioni temporanee, con incarichi che riguardino l’emergenza.
Mettiamo il fior fiore di coloro che se ne intendono, che hanno l’esperienza, che possono contribuire a migliorare la situazione, ma non approfittiamo di questo provvedimento per promuovere chi non ha i titoli. Alcuni dovrebbero entrare per concorso, altri in altro modo, ma non è giusto, non è pensabile.
Questa maggioranza – non capisco il perché – forse sta approfittando del fatto che vi è una vera necessità, urgenza, una vera emergenza, qualcosa che nessuno discute. A ciò si aggiungano altri elementi negativi che non dovremmo inserire. Si tratta di aspetti tipici della cultura legislativa del nostro Paese: se vi è un treno che passa, ci infiliamo e ci inseriamo pure questo. Sono modalità tipiche delle leggi finanziarie che speriamo non si usino più neanche nelle leggi finanziarie. Non vi è bisogno di legiferare in questa maniera.
Bisogna emanare bandi di assunzione di personale specializzato, temporaneo, che proviene da altra esperienza, da altre regioni, che siano comandati. Vi deve essere solidarietà nelle altre regioni.
Da questo decreto la solidarietà è scomparsa tant’è vero che, addirittura, anche nella fase transitoria, nella fase di emergenza…

PRESIDENTE. Onorevole Misiti, la ascolterei un tempo infinito, ma – ahimè – il Regolamento dice che deve concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Sto per concludere. Abbiamo, quindi, la necessità di inserire anche un pizzico di solidarietà.
Non si esprime solidarietà, vietando che in questo periodo i rifiuti della Campania vengano spostati in altre regioni: non è possibile. Così come non è possibile nemmeno che, proprio in questo periodo, ancora una volta, al di là degli episodi, dei residui ospedalieri e dei camion di rifiuti radioattivi rinvenuti…

PRESIDENTE. Onorevole Misiti, la prego di concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Concludo. Sappiate che il centro di rifiuti ospedalieri di Roma, cioè il forno dei rifiuti ospedalieri di Roma, ha smaltito tutti i rifiuti ospedalieri del centro Italia. È possibile farlo anche a Napoli.



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