Discussione del disegno di legge: S. 585 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85, recante disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Approvato dal Senato) (A.C. 1250)

30 giugno 2008

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, l’intervento del relatore, svolto anche a nome del relatore assente, pone in evidenza il fatto che rispetto alla conversione del decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85, il primo decreto-legge adottato dal Governo appena insediato, ricorrono tutte le caratteristiche di necessità e urgenza stabilite dalla Costituzione, perché il decreto-legge di fatto legittima il Governo stesso. Quindi al riguardo non vi è nulla da dire. Vi è qualcosa da dire solo sul fatto che l’Assemblea dovrebbe limitarsi a discutere solo alcuni aspetti, e non il problema generale: vorrei, invece, intervenire allargando un po’ l’orizzonte. Noto, ad esempio – senza assolutamente avere idea di polemizzare con alcuno – che ad ogni legislatura e ad ogni cambio di Governo – spesso cambia anche il colore della legislatura – cambiano i Ministeri (oltre al fatto che cambiano anche riforme fondamentali, come la scuola e l’università), tant’è che i cittadini, i lavoratori, i funzionari di questi Ministeri alla fine non sanno nemmeno a quale Ministero appartengono e come si chiami il Ministero stesso, perché cambiano anche le denominazioni.
Italia dei Valori e io personalmente siamo favorevoli alla riduzione dei Ministeri: non vi è dubbio che abbiamo sempre appoggiato la riduzione del numero dei Ministeri, anche perché alcune competenze sono state attribuite all’Unione europea, come faceva notare il relatore, e altre sono state decentrate alle regioni. Ma, giustamente, si faceva osservare che tale riduzione dei Ministeri non diminuisce i costi della politica, o li diminuisce in modo molto esiguo. A mio avviso da parte di tutti non si è pensato – per questo ritengo opportuno un momento di autocritica del Parlamento e anche dei Governi – che, con la riduzione del numero dei Ministeri, erano ridotte le competenze e che, quindi, bisognava anche ridurre drasticamente l’amministrazione, la parte burocratica.
Porto un esempio molto stringente: sono stati unificati il Ministero delle infrastrutture e quello dei trasporti. Credo che anche l’ambiente dovrebbe far parte di questo stesso Ministero. Una volta che ci mettiamo a restringere, sarebbe opportuno intervenire anche su questa materia, e magari rendere autonomo il Ministero della salute, che riveste una funzione estremamente più importante e coinvolge in modo molto più rilevante i cittadini, ma anche il bilancio dello Stato, e non può essere nascosto in un altro Ministero. È, infatti, come un topolino che ingoia un elefante: mi sembra una cosa strana; bisognerebbe, invece, renderlo autonomo.
I Ministeri che hanno decentrato quasi tutte le competenze, invece di diminuire le direzioni generali, le hanno, tutti e tre, aumentate: prima ve ne erano 17 in tutto, adesso ve ne sono 30. Mi sapete dire perché le direzioni generali non si spostano nelle regioni, dove, soprattutto in alcune, vi è grande bisogno? Per quale motivo funzionari esperti, che provengono da una scuola di pubblica amministrazione, con il consenso dello Stato non si spostano verso le istituzioni, per così dire, di livello inferiore (utilizzo una parola che non si può usare, perché, dopo la riforma del Titolo V, siamo tutti «orizzontali», e quindi non è bene esprimersi così)? Perché, dunque, non si trasferiscono nelle regioni, nelle province e nei grandi comuni, in modo da amministrare bene anche i bilanci?
Ritengo che se in luogo di 30 direzioni generali ve ne fossero tre – una dei trasporti, una dei lavori pubblici e una dell’ambiente – si potrebbe opportunamente risparmiare di sicuro il 50 per cento delle spese, che spesso divengono inutili, e rafforzare anche le strutture decentrate, che adesso sono anemiche e non hanno una tradizione di scuola della pubblica amministrazione, come la hanno, ad esempio, la Francia e la Germania.
Quindi, il cittadino si domanda perché questi nomi cambiano sempre. Probabilmente si è pensato di cambiare – per esempio è stato fatto qualcosa del genere per la Commissione VIA, riducendone da 60 a 50 i componenti – così si cambia tutto. Forse è per questo? Per lo spoil system? Ridiscuto pure la questione dello spoil system, perché l’articolo 97 della Costituzione stabilisce chiaramente anche la continuità della pubblica amministrazione, ma soprattutto l’imparzialità; quindi, la corrispondenza agli intendimenti dei partiti al Governo, qualunque essi siano, non è un’esigenza costituzionale, è un’esigenza inventata dopo, senza cambiare la Costituzione.
Dunque, ritengo che la garanzia della continuità e dell’imparzialità debba essere data dalla pubblica amministrazione, e dunque il fatto di cambiare credo sia un errore, che non commette questo Governo, ma in generale commette la politica (l’hanno commesso prima, figuriamoci, allargando: è anche peggio, se si allargano i numeri). Ma anche in questo caso è necessario stare attenti nel restringimento, perché vi è tale problema. Se si vuole andare verso un restringimento, si dovrebbe procedere sempre pensando allo scopo e agli obiettivi di quel Ministero, ai suoi compiti veri, e non ad una suddivisione che magari corrisponde al personale politico, a chi deve occupare posti di sottosegretario oppure di Ministro.
Se non si può o non si vuole cambiare il provvedimento in esame, perlomeno si tenga conto delle nostre proposte. Non so poi se il Governo presenterà gli emendamenti preannunciati, nonché emendamenti ulteriori rispetto a quelli preannunciati: se presenterà emendamenti che sconvolgeranno il testo, ci riserveremo di intervenire. Altrimenti, qualche suggerimento voglio darlo: il primo è quello della trasformazione del Ministero della salute da settore del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, a un Ministero autonomo; l’altro è quello della cancellazione del Ministero dell’ambiente. Quindi, i Ministeri rimarrebbero sempre dodici.
Ma voglio anche fare qualche riferimento a come è stato scritto il provvedimento in esame: credo che il Governo forse proporrà dei cambiamenti, perché il testo, secondo me, è stato scritto un po’ in fretta. Mi riferisco, ad esempio, all’articolo 1, comma 1, che reca l’elenco dei Ministeri. Richiamo l’attenzione su due casi. Nel comma 1 vengono stabiliti i nomi dei Ministeri. Alcuni dei nomi di questi Ministeri sono nuovi, pur in alcuni casi riprendendo vecchie dizioni.
Mi soffermo sul Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al di là di ciò che prima affermavo sulla questione dell’ambiente. Quello nuovo è il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Allora perché, al comma 3 dell’articolo 1, si prevede che «Al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono trasferite, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, le funzioni attribuite al Ministero dei trasporti», senza aggiungere altro? E quello delle infrastrutture? Che né è? Non esiste più? In un emendamento suggerisco di aggiungere: «e al Ministero delle infrastrutture».
Ora esistono due Ministeri (o meglio, sono esistiti): quello delle infrastrutture e quello dei trasporti. Se inserite soltanto le risorse e il personale dei trasporti nel nuovo Ministero, perché il Ministero delle infrastrutture non deve essere trasferito all’interno? Perché lo considerate come se fosse il Ministero già corrispondente alla nuova denominazione, e quindi assorbe l’altro?
È un errore, e non si tratta solo di una questione formale, ma anche sostanziale. Chi ha scritto il decreto-legge ha commesso lo stesso errore con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca: anche in questo caso, infatti, nel nuovo Ministero, denominato con la dizione formata da tutte e tre le voci – si parla, cioè, del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca – sono state inserite solo le funzioni e le risorse del Ministero dell’università e della ricerca. E quelle dell’istruzione dove sono? Pertanto, credo che, anche in questo caso, sia necessario cambiare. È un fatto di logica: si tratta di un nuovo contenitore, ve ne sono due, è necessario stabilire che tutti e due vadano a finire nel contenitore nuovo. A mio avviso, tali disposizioni sono state scritte da persone che, in genere, non sono abituate a conoscere di questioni ministeriali. Non è una critica politica, ma il fatto che tali aspetti passino sotto silenzio e siano inosservati dallo stesso Senato, come anche dalle Commissioni, mi preoccupa, perché evidentemente la questione dello Stato non è presente sui tavoli delle discussioni di fondo, tanto è vero che alla conversione di questo decreto viene data scarsa importanza dallo stesso Parlamento, vista la presenza in Aula.
Questi sono alcuni dei cambiamenti che è necessario apportare e che non è possibile non fare, ma vi è dell’altro. In passato, abbiamo espresso numerose riserve su alcuni di questi accorpamenti: non è certamente responsabilità dell’attuale maggioranza e dell’attuale Governo, ma sarebbe utile approfittare di tali modifiche per migliorare la situazione. Ad esempio, non capisco perché sia necessario affrontare una questione molto importante e discussa – ma anche condivisa in modo bipartisan – oggetto di una riforma recente, come quella relativa ai servizi segreti, ed inserire nel provvedimento in oggetto, con il comma 21, modifiche che riguardino questo settore. Che bisogno vi era? A mio avviso, se era necessario apportare modifiche, tale questione andava trattata separatamente, perché non può cambiare tutti i giorni. Già non ricordo più le sigle dei servizi segreti: una volta si sapevano, erano due, più una struttura che coordinava, adesso vi sono sigle di tutti i generi e di tutti i tipi. Inoltre, vi è la questione relativa alle deleghe: se si debbano dare o meno e a chi. Ritengo che sia necessario porre tali questioni in altra sede.
Vorrei che il provvedimento in discussione fosse approvato il più presto possibile, perché il Governo si deve adoperare per risolvere i problemi della gente, e non per cercare il modo per sistemare una direzione generale piuttosto che un’altra. Pertanto, ritengo che il citato comma 21 intervenga su una questione molto discussa – su cui si è intervenuti con il consenso più ampio del Parlamento nella scorsa legislatura – e che non sia questo il luogo in cui discutere ed approfondire al riguardo, in quanto ciò richiede una lunga discussione, mentre credo che sul decreto-legge in esame non sia necessario svolgere lunghe discussioni.
Questo significa che evidentemente ci dobbiamo trattenere qui, come al solito? No, io ritengo che, se fosse possibile, si potrebbero raggiungere gli stessi obiettivi discutendone in una legge apposita. In questo caso, si novella una legge recentissima. Pertanto, su questo punto, presenteremo un emendamento soppressivo. Penso che sarebbe il caso di prenderlo in considerazione, come pure sarebbe opportuno prendere in considerazione la questione del Ministero della salute. Ritengo, infatti, che debba essere perlomeno un impegno del Governo: auspico dunque che anche questa Camera, così come ha fatto il Senato con un apposito ordine del giorno, impegni il Governo a rivedere la questione relativa al Ministero della salute, che è un aspetto fondamentale.
Per quanto riguarda la questione dei servizi segreti, credo che sia assolutamente necessario evitare una discussione che porterà via molto tempo, visto e considerato che su questo provvedimento – spero – non porrete la questione fiducia. Se discutiamo sui servizi segreti, potremmo discutere per settimane su ognuna delle virgole. Credo che sia giusto inserire tale questione in un provvedimento ad hoc. Non è che vi sia da criticare a fondo quello che c’è scritto, può darsi pure che alla fine sarà la via giusta da seguire, ma vorrei che fosse un po’ condivisa dal Parlamento, perché si tratta di servizi essenziali della vita italiana.
Quello che, invece, non riesco a comprendere è il comma 21-bis, che riguarda, di fatto, il riordino della sezione speciale della Corte dei conti che si occupa dei servizi segreti: si pensa di risparmiare tempo? Insomma, qual è l’obiettivo? Si è varata una riforma della Corte dei conti – che è recente – e – per ragioni che, ovviamente, il Parlamento avrà condiviso – si è dato molto spazio alle decisioni collegiali. La Corte dei conti è, per antonomasia, un collegio. È formata sempre da collegi e, quindi, il giudizio non è mai personale e singolo. Al contrario, in questo caso, praticamente si mette in grande rilievo che tutte le decisioni, più o meno, saranno assunte da una persona sola. Ma per risparmiare tempo o per avere, poi, discussioni successive? Una persona può sbagliare. Non credo che vi sia un problema di tempi, perché la Corte dei conti – anche con una persona sola – impiega parecchio tempo.
Pertanto, il comma 21-bis è un’altra cosa, che, evidentemente, è stata inserita, certamente per qualche ragione, ma la ragione di tale modifica non è chiara. Essa è stata inserita durante la discussione al Senato e introduce, quindi, una puntuale modalità di organizzazione di un ufficio della Corte dei conti. Non vorrei che questo preludesse ad una riforma, ossia ad un ritorno indietro, dell’organizzazione della Corte dei conti in generale (sperimentiamo questa modifica, e poi vediamo se è il caso di tornare alla legge vigente prima del 1988!).
Quindi, a mio avviso, si tratta di un decreto-legge necessario e urgente, e nessuno lo discute.
È vero che con tale decreto-legge poteva essere modificato il contenuto dei commi 376 e 377 dell’articolo unico della legge finanziaria 24 dicembre 2007, n. 244, ma è anche vero che una volta accolto il riferimento al decreto legislativo n. 300 del 1999, sarebbe stato utile (speriamo che lo facciate con il prossimo provvedimento), da una parte, migliorare e rendere definitive le denominazioni dei Ministeri, cosicché il funzionario di un Ministero possa sapere, tra due, tre o cinque anni, di appartenere a quel determinato Ministero, e non ad altro che cambia denominazione durante o alla fine della legislatura e ogni volta che cambia la maggioranza e il Governo; dall’altra, sarebbe stato utile andare a fondo, approfittando della riduzione dai diciotto Ministeri con portafoglio del vecchio schema (che io considero errato e verso cui esprimo un giudizio negativo) agli attuali dodici Ministeri con portafoglio, per far sì che vi fossero veramente un risparmio dei fondi pubblici e una riduzione delle spese della politica, e che vi fossero, altresì, una maggiore possibilità per gli enti, regioni, province e comuni, di utilizzare le grandi professionalità che sono presenti all’interno dei Ministeri, riducendo drasticamente le direzioni generali e le altre strutture dei Ministeri stessi, altrimenti la loro riduzione non ha alcun senso: avreste potuto farne 50, sarebbero cambiate soltanto alcune macchine blu, qualche ufficio di pertinenza del Ministro e nient’altro. Invece, si dovrebbe entrare nel merito e cercare di andare in direzione del decentramento verso le regioni, le province e i comuni anche delle risorse ministeriali che non hanno nulla da fare. Molti impiegati ministeriali si girano i pollici, perché le competenze sono collocate all’esterno. Questa poteva essere l’occasione per ridurre i costi della politica e potrebbe esserlo ancora, se vi fossero altri provvedimenti su cui insistere. In tal modo verrebbero ridotti gli sprechi, se non i costi della politica globalmente, ma almeno, potrebbero essere bene investiti in altre situazioni i fondi necessari per alimentare delle strutture che spesso non hanno competenze o ne hanno scarsissime.
A nome del gruppo dell’Italia dei Valori credo di poter dire in quest’Aula che collaboreremo, anche in sede di esame degli emendamenti, per cercare di apportare delle modifiche, a parte le questioni che segnalavo all’inizio su cui, probabilmente, interverrà lo stesso Governo (e se non lo farà subito, interverrà in seguito, quando si renderà conto che è giusto farlo).
Noi cercheremo di collaborare affinché il testo definitivo possa essere sfrondato e integrato di quegli elementi che possano portare rapidamente all’approvazione di un provvedimento che sia necessario e urgente per la gestione delle questioni italiane di cui il Paese ha bisogno.



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