Disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 300 del 2006: proroga di termini previsti da disposizioni legislative (2114)

Intervento in Aula dell’On. AURELIO MISITI
Signor Presidente
, onorevoli colleghi, anch’io ringrazio, a nome del gruppo di Italia dei Valori, la Commissione, il Comitato per la legislazione e, in particolare, la relatrice, per il lavoro svolto e per essere riusciti a contenere al massimo il numero di articoli e di commi aggiuntivi rispetto a quanto previsto inizialmente per questo provvedimento.
Nel corso degli interventi precedenti e, in particolare, in quelli del professor Zaccaria, dell’onorevole Franco Russo, della stessa relatrice e del rappresentante di Forza Italia, onorevole Boscetto, si è lamentato il fatto che non si ricorre più a leggi ordinarie, ma a questo tipo di interventi legislativi che limitano di molto la possibilità di proposta sia per gli organi competenti, sia per gli stessi deputati.
È chiaro che è una questione che va affrontata, ma credo che dipenda molto da una questione di ordine più generale: ritengo che siamo in un Parlamento che evidentemente va riformato, per la qual cosa è necessario provvedere rapidamente perché, più il tempo passa e più si va un verso una legislazione a forza di decreti, in quanto i tempi di gestione delle proposte legislative (siano esse di tipo parlamentare o provenienti dal Governo), non corrispondono più alla realtà del paese.
Abbiamo quindi un Parlamento che si allontana dalle necessità del paese e quindi deve necessariamente ricorrere a strumenti che non sono abituali, deve ricorrere a strumenti eccezionali come sono i decreti-legge ed a norme di questo tipo, ovvero norme di proroga. Ogni anno ormai si fa questo decreto. Una volta si chiamava mille proroghe.
Si è tentato con grande buona volontà di ridurlo al minimo, ma certamente qualcosa già è stato inserito: io credo che si tenterà di inserire molti altri argomenti nel prosieguo della discussione, nella discussione degli emendamenti.
Lo stesso Franco Russo, se ho ben capito, ha preannunciato un emendamento in cui ci sarebbe la salvaguardia del posto di alcuni dipendenti del Poligrafico dello Stato.
Se ognuno di noi inserisse emendamenti di questo genere, è chiaro che si porrebbe un problema certamente di copertura, e anche di approfondimento delle questioni affrontate in questo decreto-legge.
L’esame della I Commissione, come giustamente rilevavano i colleghi intervenuti prima di me, non sono esaustivi dal punto di vista dei contenuti, ma guardano soprattutto il profilo costituzionale, nonché altri aspetti. Zaccaria definiva infatti questo provvedimento una «finanziaria dei poveri», ma la «finanziaria dei ricchi» è passata per l’esame in Commissione bilancio; la «finanziaria dei poveri» è passata esclusivamente in I Commissione, e quindi non si sono valutate le conseguenze finanziarie.
I contenuti del provvedimento al nostro esame, anche quelli che non corrispondono al titolo, «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», sono certamente comprensibili ed è giusto portarli avanti; alcuni di questi però, per quanto riguarda il merito, forse dovrebbero essere discussi approfonditamente.
Sono stato ad esempio attirato da alcuni commi che tendevano a proroghe assolutamente giustificate. Mi riferisco, per esempio all’articolo 1, comma 1 e comma 2, che riguardano la sanità.
Penso che siano disposizioni assolutamente da condividere. E vi sono tanti altri commi che riguardano provvedimenti effettivamente urgenti, come anche l’articolo 6, comma 4, che estende ai cittadini dell’Unione europea la possibilità di usufruire del Programma di protezione sociale per gli stranieri vittime di violenze e di sfruttamento, di cui all’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione. Queste e altre disposizioni troveranno la possibilità di essere approvate in tempi ragionevoli in luogo di una modifica della Bossi-Fini, perché chiaramente in questo caso si tratterebbe di modifiche di legge che richiedono moltissimo tempo. Quindi, io sarei favorevole a non aggiungere molti emendamenti.
Forse l’articolo 5, comma 2, richiamato anche dal collega che mi ha preceduto, che proroga l’entrata in vigore della parte seconda del Codice ambientale, troverà una necessaria conseguenza, in quanto è legato strettamente al Codice degli appalti. Una parte di questo Codice ambientale è collegata al Codice degli appalti, quindi sarà necessario inserire certamente un’altra disposizione di correlazione (la inserirà certamente il Governo), con questo provvedimento o con altro provvedimento successivo.
Tuttavia, nel merito, vorrei dare il mio contributo per quanto riguarda un altro comma dell’articolo 1, che ritengo importante; mi riferisco al comma 5 all’articolo 1, che dispone che in attesa del riordino del Consiglio nazionale delle ricerche i direttori degli istituti dell’Ente restano in carica fino al 30 giugno 2007, sospendendo sino a tale data le procedure concorsuali destinate al rinnovo dei predetti incarichi. È chiaro che in questo caso non si tratta di proroga di termini previsti da disposizioni legislative; siamo di fronte ad un caso completamente diverso rispetto a tutti gli altri commi, in quanto si interviene su una procedura concorsuale in atto. Su questo credo che tutti noi dobbiamo riflettere perché la proroga annunciata dal comma 5 fa riferimento ad un provvedimento che non è di tipo legislativo, bensì compete al consiglio di amministrazione del CNR, che tra l’altro ha già deliberato di spostare al 30 giugno 2007 la scadenza di tali incarichi (cioè, quando il Consiglio dei ministri ha varato questo decreto-legge, il 28 dicembre 2006, il consiglio di amministrazione del CNR aveva già deciso tale proroga). Però, con questa norma alla proroga si aggiunge il blocco, fino a tale data, delle procedure concorsuali destinate al rinnovo degli incarichi. Questo è un fatto che sembrerebbe secondario ed invece si interviene su una procedura concorsuale già iniziata, con un impatto assolutamente negativo anche sulla credibilità del CNR. Pensate che in
ogni legislatura si vuole riformare il CNR, perché questo ormai non funziona quasi più; è degradato completamente e non svolge più la sua funzione come un tempo. Però, man mano che si va avanti, proprio la mancanza di stabilità porta ad una riduzione della sua capacità attuativa dei fini previsti dal proprio statuto.
Ed allora non si capisce perché noi dovremmo sospendere le procedure concorsuali. Bisogna stare attenti, perché questa sospensione dei concorsi in itinere potrebbe essere scambiata quasi per una norma ad personam. Dunque, non vedo la necessità di questo blocco dei concorsi, in attesa di un riordino che peraltro non è previsto in alcuna norma. Il decreto legislativo n. 127 del 2003 dispone il riordino del CNR e quindi il nuovo riordino sarà un provvedimento della nuova maggioranza; non metto in dubbio che potrebbe essere migliore di quello precedente. Ma bloccare i concorsi in attesa di un ipotetico riordino, secondo me, è un fatto estremamente negativo, perché pregiudica la funzionalità del CNR – come tanti altri provvedimenti già in passato ne avevano pregiudicato la funzionalità – e blocca il cambiamento che è in atto. Voi sapete che la riforma del CNR è stata avviata circa tre anni fa, ora è in corso e si dovrebbe concludere nel giro di altri tre o quattro anni. È chiaro che interrompere tale cambiamento a metà ci fa tornare punto a capo, con lo scoraggiamento dei ricercatori e quant’altro. Tale misura impedisce inoltre già da adesso un immediato ricambio della direzione degli istituti. Molti istituti sono diretti dalle stesse persone da circa trent’anni, perché se è vero che il regolamento stabilisce che due mandati non possono essere superati questo regolamento viene però aggirato cambiando la denominazione delle strutture, e così si fanno 3, 4, 5 mandati. Non solo: ci sarebbe una mancanza di ricambio anche per età. Sapete che i ricercatori devono essere giovani, con visioni ampie, ma trenta su ottanta direttori di istituti prorogati continuano ad avvalersi di un meccanismo di deroga alle norme che obbligano i professori universitari a mettersi in aspettativa; quindi, sussiste la possibilità di portare persone di età molto avanzata a dirigere ancora strutture di ricerca che, invece, richiederebbe innovazione (alcuni hanno superato i 75 e qualcun altro addirittura i 79 anni). Quindi, bloccare tutto ciò e non puntare subito al cambiamento, che non contrasterebbe affatto con le possibilità di riordino e di riforma, non può essere considerato in questa misura. Credo che avesse ragione l’onorevole Zaccaria quando diceva che la I Commissione non può esaminare tutto nel merito, non avendone la competenza; invece, bisognerebbe avviare i dibattiti e la formazione delle leggi passando anche per le Commissioni specifiche perché non vedo come la I Commissione, al di là del profilo costituzionale della materia, possa entrare nel merito della conduzione degli istituti del CNR senza tenersi su una genericità che, poi, porta all’accoglienza di un comma come questo.
Credo che si potrebbe benissimo fare a meno della parte del comma che riguarda la sospensione dei concorsi in itinere per permettere ai giovani professori e ricercatori di dirigere questi istituti, che sono indispensabili per lo sviluppo della ricerca e per il trasferimento della ricerca di base a quella applicata, ai servizi e alla produzione. Questo esempio voleva appoggiare gli interventi dei rappresentanti della maggioranza e, in fondo, anche quello dell’opposizione.
Credo che questo decreto-legge, così come ci è stato presentato (e speriamo che non venga stravolto), abbia molti elementi positivi, salvo qualche piccola modifica che si potrebbe ancora fare. Ritengo che la linea intrapresa con questo decreto-legge vada incoraggiata, cioè la riduzione del numero delle proroghe, il contenimento nei limiti delle proroghe di provvedimenti legislativi, la non accettazione di ulteriori emendamenti che costano e che, probabilmente, potrebbero portare ad una finanziaria dei poveri, come diceva l’onorevole Zaccaria.
Credo che vada appoggiato lo sforzo del Comitato per la legislazione, della Commissione, della relatrice e spero del Governo, che dovrebbe caratterizzarsi per l’intento di non inserire numerosi altri emendamenti durante la discussione alla Camera perché in questo modo favoriremmo l’introduzione anche di quelli che potrebbero interessare al Senato. Sono anch’io dell’avviso che le norme regolamentari del Senato e della Camera, nonostante l’autonomia dei due istituti, debbano in qualche modo corrispondere, per evitare la difficoltà del bicameralismo perfetto. Quindi, mi sembra eccessivo avere, prima della riforma, una Camera i cui membri abbiano più potere dell’altra.

di Aurelio Misiti
deputato di Italia dei Valori
www.aureliomisiti.it



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