IL BOOMERANG DEI RIFIUTI NAPOLETANI

Il destino cinico e baro accomuna diversi “politici” che, senza cultura specifica, praticano per i rifiuti soluzioni campate solo nell’aria del Vesuvio. Ricordo che durante il periodo cruciale della crisi dei rifiuti a Napoli, Bassolino e la sua maggioranza hanno creduto di uscirne con una legge regionale di tipo scandinavo: rifiuti zero e raccolta differenziata al 65%.

Antonio Bassolino, brillante politico e uomo del risorgimento napoletano, almeno così veniva descritto dalle cronache del tempo in cui era sindaco, è stato travolto politicamente e per sempre dai rifiuti solidi urbani. Insieme a lui tutta una classe dirigente, di sinistra e di destra, che nel bene e nel male ha messo le mani e la faccia nel tentativo di affrontare lo smaltimento della mondezza.

Le ecoballe ammassate in milioni di tonnellate nelle apposite aree, in parte spedite a Dusseldorf, stanno lì a dimostrare quanto sballata fosse l’idea di calare in un territorio così singolare, come quello campano, regole e piani studiati per contrade abitate da popolazioni la cui cultura ambientale è di esempio nel mondo intero.

In Campania come in altre regioni italiane, più modestamente, sarebbe stato utile seguire le norme più accessibili dell’Europa meridionale e pian piano attuarle nel migliore dei modi possibile. Sono le prime norme italiane dell’82 e dell’84, cioè prima del famigerato “decreto Ronchi”, che avrebbero potuto aiutare i napoletani ad avviare a soluzione il problema dello smaltimento dei propri rifiuti.

La linea doveva essere quella classica di smaltimento integrato, con una raccolta differenziata realistica e non prederminata a tavolino ma solo finalizzata a favorire le successive fasi del trattamento, con la parte umida da trasformare in ammendante organico per l’agricoltura e quella secca da utilizzare per produzione di energia, lasciando alla discarica il collocamento del solo residuo degli inceneritori.

Nei piani previsti da quelle norme, tutt’ora valide con qualche modifica, erano certamente presenti gli inceneritori, che oggi vengono definiti pudicamente termovalorizzatori, come si fa con gli spazzini che si preferisce chiamare operatori ecologici.

L’ubriacatura della raccolta differenziata, a cui si attribuiscono doti magiche, portata avanti da gruppi di interesse ben organizzati, tanto da influenzare il legislatore che in una norma autorizza i prefetti a sciogliere i consigli comunali e mandare a casa i sindaci che non raggiungono le percentuali come si faceva nei piani quinquennali, è indice di scarsa conoscenza della materia. La separazione delle componenti merceologiche si può ottenere infatti sia in casa che in stabilimento, senza aggravio di costi per i cittadini utenti.

L’intervento della protezione civile, prima con poteri normali e poi con quelli straordinari, ha solo temporaneamente tamponato la mancanza di una linea concreta e legata alla cultura del territorio, che avrebbe potuto in un tempo adeguato al caso portare a regime uno smaltimento regolare dei rifiuti solidi urbani. Gli errori della Regione e dello Stato, documentati dalle indagini del Parlamento e soprattutto da quelle della magistratura, comporteranno un ritardo notevole alla soluzione del problema.

La Presidenza del consiglio ha utilizzato il caso per dare un messaggio di efficienza al paese, servendosi dell’ausilio dei militari per rendere agibili alcune discariche, anche non controllate bene tecnicamente e per avviare l’inceneritore di Acerra, in costruzione da un decennio.

Oggi la nuova crisi ha sorpreso il Governo, che ha colpevolizzato il sindaco di Napoli, reo di non saper raccogliere la mondezza, dimenticando che le proteste riguardano esclusivamente l’opposizione alla nuova discarica di Terzigno. Per la verità anche il sindaco di Napoli è stato malconsigliato sull’intricata questione se è vera la sua frase, già pronunciata a suo tempo: “Napoli ha già dato”, non volendo sentir parlare di ampliare discariche nel proprio territorio.

I rifiuti solidi urbani, come dimostra l’esperienza di tante città italiane del nord, del centro e spesso anche del sud, vanno considerati un problema da risolvere tutti insieme. Nessuno si può illudere di speculare sull’ambiente per fini di parte, perché, come è sempre avvenuto, alla fine si verifica l’effetto boomerang. E questo vale per tutti.

A Napoli un piano realistico dei rifiuti è possibile attuarlo, senza moltiplicare i costi per la comunità, come avviene con la raccolta differenziata porta a porta, se si seguono le indicazioni dei veri esperti del settore che fortunatamente in Italia e anche a Napoli si possono trovare.

Servono deroghe temporanee per le discariche ed è importante l’immediato avvio della costruzione di nuovi impianti di compostaggio e di incenerimento, così come avviene in quasi tutte le regioni italiane ed europee più evolute.

Gli amministratori campani, che spesso rifiutano gli inceneritori, ma anche i consiglieri del Governo, dovrebbero visitare gli impianti del Lazio, dell’Emilia Romagna, della Lombardia e magari poi fare un salto a Vienna dove, al centro della città, esiste un grande inceneritore, gioiello dell’architettura viennese.



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