Le ricette per la ripresa di AURELIO MISITI: IL MEZZOGIORNO SI RIALZI RIMBOCCANDOSI LE MANICHE

Il COTONESE – 14 Luglio 2012

di Angela De Lorenzo

Ha 77 anni suonati, ma l’uscita dai giochi sembra l’ultimo dei suoi pensieri, anzi si sta già ‘armando’ per la prossima campagna elettorale, che per lui è già iniziata.
È un fiume in piena Aurelio Misiti, che rigurgita valanghe di proposte di rilancio per quella terra, la Calabria, in cui è nato e dalla quale, evidentemente, si aspetta di ricevere consensi in vista delle prossime elezioni politiche. Quelle idee e proposte le sfodera con il tablet e l’i-pod in mano… è tutt’altro che un anziano stanco incapace e indesideroso di stare al passo con i tempi.
AURELIO MISITI è fermamente convinto di una cosa: “per risolvere i problemi di Crotone e della Calabria più in generale occorre abbandonare i campanili, per sentirsi parte del contesto nazionale ed europeo, perché se il Sud risolve i suoi problemi contribuisce a risolvere quelli dell’Italia che a sua volta deve contribuire a risolvere i problemi dell’Europa. Non può esserci rinascita economica senza una riscossa del Mezzogiorno”.
Di certo individuare la chiave di volta di questo grave momento di crisi proprio nel Sud del Paese non è facile, anzi richiede una particolare creatività, però a Misiti, ingegnere, docente universitario e soprattutto politico navigato, le idee chiare non mancano. “Innanzi tutto – sostiene – bisogna rendere competitivo e attrattivo il Mezzogiorno, cosa che si può fare solo prendendo una posizione di netta contrapposizione alle rivendicazioni di assistenzialismo”. Piuttosto occorre puntare su tre elementi: lotta alla criminalità organizzata, questione del lavoro e recupero del gap infrastrutturale.
“La vittoria sulla grande criminalità organizzata – sostiene deve essere compito non solo dello Stato, che oggettivamente tiene in considerazione i territori più importanti per numero di popolazione e produttività. Tutte le potenzialità locali devono essere convogliate nella lotta alla criminalità, rivendicando le necessarie tutele da parte dello Stato. Occorre chiedere che i fondi strutturali siano investiti per rafforzare gli strumenti di contrasto alla criminalità, per fare in modo – dice convinto – che i criminali siano costretti ad emigrare per sudarsi il pane; occorre far fronte comune per rendere impossibile la vita a questa gente!”.
Inevitabile in una terra come la Calabria parlare di questione del lavoro, che da queste parti rappresenta il bene più raro: “inutile parlare di mercato del lavoro – secondo Misiti – dove il lavoro non c’è proprio. Qui l’esigenza è la creazione del lavoro. Per riuscirci occorre essere competitivi, rinunciando all’ideologia che ha voluto la parità contrattuale su tutto il territorio italiano. Ci ha portato ad un gap occupazionale che dobbiamo colmare per forza: nel Meridione infatti il pil procapite, a persona, è di 15mila euro, come in Messico e in Turchia, ma mentre questi Paesi continuano a crescere noi continuiamo a perdere colpi. Questo perché tali paesi evidentemente adottano una politica del lavoro differente dalla nostra”. LEGGI TUTTO…

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VIA I TABU’ DEGLI ANNI 60: MOODY’S NON HA TUTTI I TORTI

 

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La bocciatura di Moody’s del debito sovrano dell’Italia contestuale al viaggio di lavoro di Monti negli USA consiglia la classe dirigente italiana a reagire, non con l’invettiva contro la “cattiva” agenzia di rating ma con un’azione rapida e convincente di rilancio del Paese così come avvenne nei momenti più duri e difficili della nostra storia.
Questa classe dirigente, che ha il vizio innato della lamentela e dell’auto fustigazione, ha nella manica un asso vincente che non vuole o non sa calare: il Sud con una potenzialità di crescita simile a Paesi emergenti quali Turchia, Messico, Brasile etc.
Senza scomodare la politica Keynesiana di Roosevelt, il quale, resosi conto dell’inviluppo critico in cui si era cacciata l’economia americana del 1932, a tre anni dalla crisi finanziaria di Wall Street, l’esempio più vicino a noi e più calzante è quello della Germania dopo la caduta del muro.
L’Italia si trova oggi in una situazione analoga: o emula la Germania di venti anni fa, che ha scelto l’Est povero, oppure il destino sarà la decadenza.
Occorre prendere atto che, nonostante le buone intenzioni, i provvedimenti sul rigore emanati dal governo Monti non toccano in alcun modo la vecchia politica economica italiana, basata sulla dicotomia: territorio produttivo settentrionale e territorio distributivo-consumistico del Sud Italia.
Il male oscuro del Paese sta tutto nella ristretta visione di poter inseguire la ripresa economica ripetendo questo vecchio modello.
Invece o diventa produttivo tutto il territorio e quindi competitivo con i grandi Paesi europei oppure siamo destinati a divenire satelliti della Germania.
La risposta viene suggerita dalla crisi: siamo tutti uguali rispetto ai diritti fondamentali e costituzionali, non siamo tutti uguali nelle vicende produttive ed economiche delle nostre società nei territori. Di conseguenza devono cadere tutti i tabù dei primi anni del dopo guerra, che sono stati la causa principale del divario economico e sociale tra il Mezzogiorno e il resto del Paese.
Vanno previste nuove forme contrattuali tra capitale e lavoro per battere la concorrenza dell’Est Europa. Investire al Sud deve diventare più conveniente che investire in altri Paesi.

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