DOCUMENTO CONGRESSUALE

1 PREMESSA
2 PRINCIPI
3 QUESTIONE MORALE E RINNOVAMENTO CULTURALE
4 LEGALITA’ E DEMOCRAZIA
5 EVOLUZIONE DEL QUADRO POLITICO E LE ALLEANZE

1 – PREMESSA

Il prossimo congresso nazionale di Italia dei Valori potrà essere un evento molto positivo a condizione che si dia un adeguato contenuto politico-culturale, che possa essere arena di un dibattito aperto e concludersi con votazioni che portino alla nomina di organismi nazionali rappresentativi delle diverse tendenze ideali presenti nel partito.

2 – PRINCIPI

L’Italia dei Valori è formata da personalità della migliore cultura del Novecento: cattolici-democratici; laici-socialisti, liberali-democratici. La scelta di appartenenza all’ELDR (European Liberal Democrats) in Europa dimostra la volontà dell’attuale gruppo dirigente di voler presidiare una collocazione al centro dello schieramento politico italiano ed europeo, senza cadere nella trappola del qualunquismo e dell’estremismo parolaio, eredità dei gruppi minoritari extraparlamentari dell’ultimo Novecento.
La coerenza con questa linea è stata dimostrata nella XV legislatura con la partecipazione leale e propositiva nel Governo Prodi.
La scelta della “politica del fare” della fase governativa, che aveva portato al vertice della popolarità tra i ministri proprio il rappresentante del partito, è stata sopravanzata purtroppo nell’attuale legislatura da una tendenza all’occupazione di spazi politici lontani da quelli tenuti in precedenza e praticamente coincidenti con quelli della sinistra antagonista e del movimento “protestatario e qualunquista”, che mal si conciliano con una visione liberaldemocratica della società. Tali spazi appaiono orientati a inseguire fasce elettorali nella logica del puro marketing politico, piuttosto che farsi carico di una proposta alternativa e di una strategia possibile per affermarla.
L’Italia dei Valori dovrà, pertanto, con il suo primo congresso, ritornare alle fonti condivise, ai principi fondativi, per costruire una proposta democratica al paese in cui gli italiani possano riconoscersi.

3 – QUESTIONE MORALE E RINNOVAMENTO CULTURALE

Da quindici anni l’Italia è prigioniera della cosiddetta “questione morale”, brandita come oggetto contundente nella lotta politica. Né, a ben vedere, sarebbe potuto andare diversamente: la nuova stagione trova iscritta nel suo codice genetico la “questione giudiziaria” proposta in termini di questione morale; come avrebbe potuto, dunque, liberarsene per approdare verso la normalità di una dialettica politica democratica? Sia chiaro: una “questione morale”, intesa come comportamenti incompatibili con una plausibile cifra etica nell’esercizio della funzione pubblica, esiste eccome in un paese che ha smesso da tempo di riconoscersi in una identità collettiva e che forse non ha mai eletto il civismo a principio orientatore della sua dimensione pubblica. Ed è anche facile rintracciare i “luoghi” della scena pubblica dove la questione morale si annida: le leggi che perdono il senso dell’astrattezza, della generalità e dell’utilità sociale per diventare le regole dei privilegi, imposte in forza di un mandato popolare che fa il vincitore “legibus solutus”, libero, dunque, anche dal rispetto dei principi costituzionali. Egli usa la funzione pubblica in chiave di interesse personale, dando accesso ad una sorta di privatizzazione della politica e del governo della cosa pubblica che non è altro se non la perdita del senso collettivo, la divaricazione sempre più forte tra comportamenti privati e dichiarazioni pubbliche, che destituisce di ogni plausibilità le petizioni di principio espresse nell’esercizio contraddittorio della funzione del potere. Ma questione morale è anche tradimento del principio democratico nel governo dei partiti, pratica del cesarismo, elusione del dovere politico di far corrispondere la rappresentanza al consenso. È questo aspetto della questione morale che si fa questione democratica, spesso nascosta dietro le pieghe dei moralismi più callidi e dei j’accuse sparati all’impazzata, a segnare il passo nella percezione delle emergenze della politica che la pubblica opinione ha. E questione morale è anche, in politica, inadeguatezza culturale allo svolgimento del ruolo di rappresentanza.
Se, dunque, l’esercizio della rappresentanza in termini di elementare correttezza, scevra da interessi privati e condizionamenti illeciti, lontana da ipotesi di reato configurabili nelle fattispecie tipiche dell’abuso della funzione pubblica, non è che una pre-condizione della politica, appena sufficiente a consentirne la discussione; se tutto il contesto in cui agisce la politica è inevitabilmente intriso di implicazioni morali, intese, tuttavia, come principi ispiratori di fondo dei comportamenti pubblici, è chiaro che in democrazia la vera questione morale sarà la questione democratica stessa.
Il congresso dell’Italia dei Valori, pertanto, deve acquisire la consapevolezza che la questione morale e la questione democratica sono due facce della stessa medaglia e che la vera battaglia per una nuova etica politica poco ha da condividere con la dimensione giudiziaria e molto, invece, con un profondo rinnovamento culturale della politica italiana.

4 – LEGALITA’ E DEMOCRAZIA

<< Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale>>.
Questo è l’art. 49 della Costituzione Italiana, che evoca un partito al cui interno si agisce con “metodo democratico”, lontano anni luce dal partito carismatico ormai dilagante, cui i costituenti si sono voluti contrapporre, memori del partito carismatico mussoliniano.
Il partito nella Costituzione si fonda sul “metodo democratico”, inteso sia come criterio della dialettica “all’esterno”, sia come criterio di confronto interno, come dialettica tra orientamenti di pensiero, negando l’autoritarismo, il verticismo delle decisioni, ed ogni legittimità a scelte e condotte che non siano l’esito di un confronto democratico “nel” partito. Il nuovo partito carismatico, nella versione rintracciabile nel panorama italiano, nega, invece, l’impianto costituzionale, adottando uno schema più prossimo all’esperienza della gestione di azienda, fortemente verticistica e legata alle qualità del leader, piuttosto che accogliere l’invito dell’art. 49 ad informare la dialettica interna al “metodo democratico”.
L’attuale assetto del sistema partitico, però, pur informato ad uno stilema verticistico-oligarchico, tende a riprodurre nell’agire politico le “forme” della democrazia dei partiti, deprivata, tuttavia, di ogni verità: si appropria, cioè, delle occasioni e delle opportunità che l’ordinamento predispose per i partiti democratici e rappresentativi (nomine negli enti, finanziamento pubblico, predisposizione delle liste elettorali etc.) senza garantire i bilanciamenti democratici offerti dalla dialettica infrapartitica, annullata a favore delle decisioni di un solo capo assistito da un ristretto gruppo di oligarchi da lui stesso nominati.
Quindici anni di pratica dell’ oligarchismo, assistito da un supporto mediatico particolarmente efficiente, hanno ottundato nella cultura politica nazionale ogni sensibilità democratica e la capacità di avvertire la necessita delle opinioni diverse, sentite come un fastidioso ostacolo all’affermazione del pensiero unico.
L’Italia dei Valori con il suo congresso deve prendere le distanze dal modello carismatico e accogliere le forme e la sostanza del partito democratico per affermare, anche nell’esperienza politica, il principio di legalità. Questo deve tradursi essenzialmente in una modalità che consenta la legittimazione ad esistere e l’adeguata rappresentanza alle opinioni diverse da quelle prevalenti, purché, naturalmente, esista una condivisione fondamentale sulle idee fondative.
Il gruppo dirigente, in ogni dinamica democratica, esprime la rappresentanza e non è l’esito di un processo cooptativo, né trovano spazio nella procedura democratica ricorsi capricciosi alla pratica della rimozione di dirigenti democraticamente eletti, se non per gravissime ragioni e con l’ausilio di ogni opportuna garanzia.
Il congresso di Italia dei Valori, allora, dovrà conquistare al partito il carattere della piena democrazia, facendosi carico di offrire ad ogni iscritto la piena agibilità politica.

5 – EVOLUZIONE DEL QUADRO POLITICO E LE ALLEANZE

La scena nazionale, com’è logico attendersi, risulterà profondamente mutata, nel prossimo futuro, pur in uno schema di alleanze bipolari.
L’Italia dei Valori si è caratterizzata nell’ultima stagione in particolare, come soggetto politico che ha attinto buona parte delle sue motivazioni nell’esercizio di un antagonismo senza quartiere all’esperienza berlusconiana, intercettando cosi aree elettorali di opinione particolarmente motivate a contrastare l’azione di governo ma non fidelizzate al partito dell’Italia dei Valori: prova ne sia il fatto che, nella stessa giornata di voto, si raccoglieva l’8% alle europee (dunque con un voto fortemente caratterizzato in senso politico-ideologico e del tutto slegato dal giudizio sulla capacità di governo) e solo il 3-3,5% alle amministrative (voto su cui pesa fortemente il giudizio sul personale dirigente e sulla sua capacità di governare il territorio).
L’eventuale chiusura del ciclo berlusconiano, ormai in fase discendente, pertanto, pone all’Italia dei Valori l’esigenza di riprogettare il proprio posizionamento e la propria proposta politica nel centro-sinistra, riconnettendo se stesso alle proprie radici liberaldemocratiche per svolgere un ruolo di rappresentanza di ceti medi all’interno della coalizione o come componente di un soggetto politico democratico e progressista in “costruzione”.

Roma, 1 ottobre 2009

Pino Pisicchio                  Aurelio Misiti



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